giovedì 8 novembre 2007

sono sempre i peggiori quelli che ritornano



chi è stato nei luoghi dove si sono perpetrati i peggiori crimini contro l’umanità, avrà notato un fenomeno strano e inquietante: anche col passar del tempo, sembra che l’orrore non si dissolva, e resti sospeso nell’aria come un’impalpabile polvere sottile, in attesa di attraversare la pelle e lasciarci un segno indelebile di sé. Numerose sono le testimonianze di chi vive nei paesi che hanno legato il loro nome ai campi di sterminio nazisti o ai gulag stalinisti, e una amica me lo confermava dopo una visita ad Hiroshima.Questo purtroppo pare valere anche per i miseri manovali di cui il male si è servito per le sue opere terrene: pagato un prezzo di milioni di morti per liberarcene, si ripresentano a scadenze regolari.La fine di molti dittatori arriva imprevista e violenta, e pare direttamente proporzionale alla stessa violenza che per molti anni ha assicurato loro il potere. Mentre stanno scrivendo l’ennesima pagina di storia, il libro si chiude improvvisamente e con forza li schiaccia, quasi a voler ricordare loro che, al di là delle illusioni, altro non erano che fastidiosi insetti intrufolatisi nello scorrere degli eventi.Saltiamo di palo in frasca.La Finlandia negli ultimi vent’anni sarà finita un paio di volte in televisione: per mostrarci le spettacolari immagini del Rally dei Mille Laghi o per qualche servizio di colore sul paese di Babbo Natale. Oggi invece la Finlandia ha fatto prepotentemente irruzione nelle aperture dei nostri telegiornali per mostrarci una strage al liceo che non ha nulla da invidiare a quelle americane di Columbine o della Virginia Hight School. Per chi come me ama la Finlandia e la conosce bene, la cosa è difficile da accettare. Ma all’amarezza si è ben presto sostituito lo stupore, quando ho appreso che gli scritti lasciati dal ragazzo autore del gesto non avevano nulla da invidiare ai più deliranti proclami della propaganda nazista: non quella ufficiale, ma quella che veniva stilata di nascosto in qualche castello della Baviera.Quindi torniamo ai dittatori.Molti sono gli esempi che potremmo prendere in prestito dal secolo che ci siamo appena lasciati alle spalle. Molte le immagini. Un Hitler, appunto, sepolto vivo nel suo bunker dall’avanzata dell’armata rossa, i coniugi Ceaucescu ritrasformati dal plotone di esecuzione nei poveri contadini arroganti e ignoranti che sono sempre stati. Ma la figura che sembra rappresentare meglio il ribaltamento tra il potere in vita e l’oblio e il disprezzo in morte, è certamente quella di Pol Pot.Nel 1975 deposto il regime filoamericano di Long Nol, svuotò le città, divise le famiglie obbligando gli abitanti a trasferirsi nelle campagne per lavorare in regime di schiavitù. Abolì qualsiasi cosa potesse far riferimento a costumi occidentali, e il possesso di elettrodomestici, apparecchiature scientifiche, automobili o anche un semplice libro, costò la vita a migliaia di persone. Abolì la proprietà privata e la moneta, obbligò tutti ad indossare un uniforme e arrivò a considerare riso o pianto come attività ostili al regime.Con i fidi Khmer Rossi sterminò nei campi di concentramento un quarto della popolazione, circa quattro milioni di persone. Non risparmiò i suoi due fratelli e non risparmio migliaia di bambini.Le crudeltà dei Khmer erano inimmaginabili e trasformerebbero questo articolo in un copione pulp, ma una va ricordata per dare il giusto peso alla tragedia vissuta da quel popolo. Ai condannati a morte si offriva la grazia a patto che mangiassero le proprie orecchie: ottenuto il consenso e dato luogo al macabro rituale, li si uccideva comunque. Pol Pot fu deposto dall’invasione vietnamita del 1979, ma continuò la sua latitanza nel paese fino al 1997 al comando dei Khmer rimastigli fedeli. Trovò una morte misteriosa ai confini della Thailandia, forse naturale, forse per mano dei suoi stessi seguaci che già avevano tentato di scambiarlo col nuovo regime per ottenere l’immunità e lo avevano imprigionato.Qualche anno fa una troupe televisiva si è spinta in quei luoghi impervi per filmare la tomba e chiarire i dubbi sulla fine del dittatore. Al termine di un sentiero fangoso, un posto di blocco improvvisato sbarrava la strada. Un ex-Khmer, riconvertitosi al regime, ha accompagnato i giornalisti verso la boscaglia dove un tumulo quasi cancellato si faceva ancora riconosce in mezzo a escrementi e sacchetti per la spazzatura. Un paio di cani si sono allontanati, in attesa di tornare e fare i propri bisogni. L’immagine era desolante, sconfortante, eppure sembrava emanare un senso di giustizia, o di nemesi.Oggi mi dicono vi sia una tomba meno provvisoria. Si è sparsa la voce che porti fortuna, che guarisca i malati e dia i numeri vincenti per il vicino casinò. E’ meta di molti pellegrinaggi.Il senso di tutto questo? Se c’è, trovatelo voi!

1 commento:

Anonimo ha detto...

Per me il senso è che non c è proprio nessun senso